LAquila-una-chiesa

L’Aquila, una chiesa distrutta dal terremoto del 2009

Fenomeni idrogeologici e sismici di notevole severità flagellano il Territorio Nazionale e le diverse accezioni di Beni Culturali che lo popolano.

A fronte di essi, e a causa di essi, sorgono drammi umani di eccezionale gravità che turbano le sensibilità individuali.
Oltre a ciò, tuttavia, emergono innumerevoli proposte tanto generiche quanto velleitarie per risolvere strutturalmente crisi che si ripetono tragicamente e periodicamente.
Sarebbe, allora, forse opportuno proporre qualche versione alternativa che verta sul Prodotto Immobiliare Esistente che molto spesso ricade, a titolo individuale o collettivo, nella categoria di Bene Culturale Immobiliare.
Prima di tutto, è bene chiarire come ciò che si definisce Digitalizzazione, ovvero rendere computabili tutti i Dati che riguardano un Territorio, non mira semplicemente a efficientare un Settore, quello delle Costruzioni, bensì a stravolgerlo.
Si tratta di edificare, infatti, nuovi Modelli di Business e nuove Catene di Fornitura che abbiano al centro i soggetti che detengono, appunto, la conoscenza digitale del Territorio: da tutelare e da valorizzare.
In fondo, di Amatrice, ad esempio, si è parlato come borgo storico, come giacimento gastronomico, come riferimento sportivo.
Ora, in effetti, immaginare di digitalizzare un Territorio significa affrontarlo con una Filiera Multi-Disciplinare di Medie Dimensioni che abbia una caratterizzazione Geo-Spaziale: stiamo, perciò, ragionando sul Living Environment che è, naturalmente, sia Digital sia Built.
In altri termini, nella relazione, che non può essere di mera «duplicazione», tra il Territorio che definiremmo Materiale, Analogico, e il suo Doppio, Digitale e Immateriale, si colloca esattamente questo nuovo Settore, questa Industry, appunto, che non potrà mai definirsi come dedicata all’Immobile, in quanto in essa tutto fluisce: il terreno, il corso d’acqua, la struttura, l’impianto, il valore culturale, il titolo immobiliare, ma, soprattutto, si muovono gli Occupanti, gli Abitanti, i Visitatori.
Questa Living Industry, proprio per la sua dinamicità, si palesa, allora, come insieme di Cognitive Asset, nel senso che tutto ciò che è Immobile (i Cespiti), così come quello che è Mobile (gli Arredi come i Residenti), è connesso, genera Dati, utilizza Dati, fa sì che tali ingenti Moli di Dati permettano una (Business) Intelligence che possiede, peraltro, alcune peculiarità:
1) consentire una comprensione, un discernimento, personalizzati delle esigenze dell’Utenza, a cui offrire Servizi di Supporto come di Fruizione;
2) stare in dialogo con l’Individuo, Geolocalizzato, attraverso Modalità di Connessione Sistemica che investano l’intero Territorio di Riferimento;
3) essere permeata dalla nozione di «in tempo reale».
Ovviamente questa Industry of the Living Heritage Environment, di per se stessa, potrebbe apparire ossimorica, nel senso che, ad esempio, tutte le impostazioni del «ricostruire come era e dove era» rivendicano una fissità, oltre che una matericità.
Ecco: anche sotto questo ultimo profilo la priorità deve essere attribuita agli interventi di Miglioramento Sismico, di Efficientamento Energetico, di Riassetto Idrogeologico: solo un folle potrebbe negarlo.
Ma è davvero così? Oppure possiamo pensare di realizzare una Anagrafe Territoriale Digitalizzata che, ricomprendendo anche questi «Oggetti», ambisca a creare i presupposti per una Fruizione Individuale del Territorio che sia Collettivamente Compatibile, certo, ma anche Virtualmente Selettiva?
Noi oggi sappiamo che un singolo Intervento Conservativo di un Luogo Pubblico (ad esempio, un luogo di culto) è in grado di mobilitare, in termini di mezzi digitali «connessi e cognitivi», una comunità ristretta di Credenti, una più allargata di Cittadini, una ancora maggiormente dilatata di Turisti.
Ciò può accadere, anzitutto, grazie a una Impresa di Restauri che agisca, anzitutto, come Erogatore di Servizi Culturali.
Naturalmente, però, nell’Epoca della Uberification, è Airbnb, uno dei «Disintermediatori» per eccellenza, a produrre fenomeni di Gentrification a Berlino come a New York, a predisporre lay-out per appartamenti «ideali», a proporsi caritativamente per alloggiare i terremotati.
Al contempo, è WeWork che gestisce dinamicamente, grazie alle Data Analytics, il tasso di occupazione, dunque, di produttività, dei Workspace che affitta.
Dobbiamo, allora, domandarci se davvero, pur disponendo eventualmente di risorse finanziarie congrue, abbia senso riqualificare o ricostruire «uno a uno» i Manufatti, o parti di essi, in termini esclusivamente materiali, oppure se, per garantire flussi di cassa credibili, la Rete Sistemica delle Entità su cui intervenire, in virtù del proprio Doppio Digitale, sia fondamentale in quanto «Operational».
In definitiva, vale la pena rammentarlo, tutto il percorso indicato dalle più avanzate Politiche Settoriali, Road Map, a livello internazionale, per il Settore sono «stravolgenti» in quanto ne dilatano, operazionalmente e socialmente il campo di applicazione entro uno Smart Government per Connected Citizen.
Del resto, pensiamo sul serio che mobilitazioni popolari delle classi professionali e imprenditoriali, per la Cultura Circolare e Digitale che sinora hanno dimostrato di possedere, possano autonomamente perseguire questo fine, percorrere questo sentiero?
Probabilmente la locuzione di Conservazione Programmata di un Distretto Culturale potrebbe approssimarsi a un Living Heritage Information Modeling (ma anche Management o Mining).
Resta, tuttavia, l’interrogativo su come assemblare questa Media Organizzazione a Scala Territoriale e chi ne possa assumere la Regia.
Ci sentiremmo di dire: chi possiede la Conoscenza e, di conseguenza, l’Intelligenza del Territorio Culturale: purché sia «Digitized & Living», perché i Dati devono sempre essere computabili, elaborabili, validabili, sfruttabili.