Questa settimana pubblichiamo l’interessante contributo dell’Avvocato Luca Bridi, Presidente della sezione di Milano del Foro immobiliare.

Premessa: l’installazione di fonti rinnovabili e impianti di cogenerazione su parti comuni dell’edificio 

Il condominio, dal 18 giugno 2013, ovvero dall’entrata in vigore della L. 220/2012 che ha introdotto il nuovo art. 1120 secondo comma n. 2 cod. civ., a maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresentino almeno 501/1000, può deliberare di realizzare impianti per la produzione di energia da fonti solari o comunque rinnovabili su lastrico solare, tetti, facciate, coperture di box. 

Il proprietario di una villetta o di un capannone può ovviamente decidere di realizzare autonomamente l’impianto su parti idonee del proprio edificio.

In alternativa, con modalità differenti da quelle condominiali, è possibile demandare la realizzazione di tali interventi a imprese specializzate, concedendo un diritto reale o personale di godimento e ricevendone un corrispettivo, annuale o mensile; all’impresa rimangono i ritorni economici derivanti da produzione e vendita di energia elettrica.

Si può costituire in capo all’impresa un diritto reale di superficie per un periodo di 20-25 anni, vita utile dell’impianto. L’atto costitutivo del diritto di superficie deve avere forma scritta ed essere titolo idoneo alla trascrizione nella Conservatoria dei Registri Immobiliari; oppure si può ricorrere ad un contratto di locazione per egual periodo o comunque non minor di nove anni, per la cui stipula è richiesta la forma scritta e sussiste sempre l’onere della trascrizione in Conservatoria, per renderlo opponibile a terzi.

In tal caso, però, la dottrina propende per l’assoluto consenso di tutti i condomini e non per la sola maggioranza (A. Scarpa in “Il nuovo Condominio”, 2017, Giappichelli editore, Torino). 

È opportuno però prevedere in capo all’impresa:

a) gli oneri di costruzione e gestione dell’impianto;

b) la totale responsabilità per i lavori di realizzazione;

c) l’assunzione di adempimenti progettuali ed urbanistici, con esenzione da ogni responsabilità del condominio o del proprietario dell’edificio, che dovrà essere informato prima dei progetti;

d) gli obblighi di coperture assicurative per eventuali danni arrecati durante i lavori o la gestione dell’impianto;

e) gli oneri di rimozione e smaltimento dell’impianto a carico dell’impresa quando sarà giunto a fine ciclo di vita tecnica oltre che (f) ottenere una fideiussione a copertura delle spese, per il caso che l’impresa possa fallire o rimanere inadempiente ai suoi obblighi e vi dovranno essere (g) importanti clausole precise sul pagamento dei corrispettivi periodici. 

Il condominio ha poi, per l’ultimo comma dell’art. 1120 c.c., il preciso onere di valutare che gli impianti non arrechino pregiudizio a stabilità, sicurezza del fabbricato o che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.

2) Le fonti normative

Andiamo quindi a vedere più precisamente e letteralmente cosa impone la norma sul tema che ci occupa ed introdotta con la Legge di Riforma del Condominio. 

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a) Il nuovo art. 1120 c.c. – Innovazioni

I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136 c.c. (ovvero la maggioranza degli intervenuti o almeno la metà del valore dell’edifico), possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto (come previsto al n. 2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune;

L’articolo 1120 c.c., che disciplina le innovazioni, è stato profondamente mutato:

– primariamente  è rimasto inalterato il primo comma, che rinvia ai nuovi quorum di cui all’art. 1136 del c.c. quinto comma (un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio).
– secondariamente le innovazioni che abbiano ad oggetto le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti e le altre elencate nel nuovo secondo comma dell’articolo (che si possono definire “virtuose”) potranno invece essere approvate con quorum inferiori (maggioranza degli intervenuti e metà del valore dell’edificio);

– infine chiunque voglia far deliberare l’assemblea su queste innovazioni ha titolo per chiedere all’amministratore di convocare l’assemblea. L’amministratore deve provvedere alla convocazione, salvo che non ritenga di chiedere necessarie integrazioni del contenuto e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. 

La riforma (ex Legge 220/2012) non disciplina soltanto gli impianti centralizzati, ma si occupa anche di quelli individuali dei singoli condomini. E lo fa introducendo una norma, l’art. 1122-bis c.c..  L’installazione di un impianto centralizzato non pone particolari problematicità, se non in quei casi in cui occorra modificare la destinazione d’uso della parte comune interessata dall’intervento (ad esempio il lastrico solare utilizzato come stenditoio), mentre la realizzazione di un impianto privato, su parti comuni condominiali, appare senza dubbio più difficile e fonte di conflitti. 

Il secondo comma dell’art 1122 bis c.c. consente esplicitamente l’installazione di impianti per la produzione di energia rinnovabile che siano a servizio di singole unità immobiliari, sul lastrico solare o su ogni altra superficie comune idonea (come ad esempio  le terrazze, i ballatoi, le coperture in generale ed i tetti dei corpi box, in taluni casi anche le facciate e  verticali), oltre che, naturalmente, sulle parti in proprietà esclusiva dell’interessato all’intervento. La nozione a servizio di singole unità immobiliari porta a ritenere che l’impianto debba precipuamente produrre energia  a vantaggio  dell’unità immobiliare, rimanendo estraneo alla definizione l’impianto destinato esclusivamente alla cessione di energia alla rete. Se gli impianti ineriscono solo parti di proprietà esclusiva dell’interessato all’installazione, non si pongono particolari problemi, eccezion fatta per il limite del decoro e non sarà neanche necessario il nulla osta assembleare, come esplicitato nell’ultimo comma dell’art. 1122-bis c.c.: “Non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative”.

Qualora invece si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni è richiesto l’intervento assembleare. Le modificazioni comportano non solo una alterazione dell’entità sostanziale ma anche qualsiasi compromissione nel godimento delle cose comuni a scapito degli altri condomini. Così, in qualunque ipotesi di modificazione delle parti comuni, l’interessato dovrà darne comunicazione dettagliata all’amministratore del condominio, il quale dovrà convocare l’assemblea dei condomini ponendo l’argomento all’ordine del giorno.

All’assemblea dei condomini viene riservato il potere di adottare  alcune specifiche prescrizioni volte a salvaguardare il pari diritto di uso delle parti comuni da parte degli altri condomini e la stabilità, la sicurezza e il decoro dell’edificio  per la cui realizzazione il numero di voti deve rappresentare la maggioranza degli intervenuti e almeno i due terzi del valore dell’edificio.

Per provvedere all’autorizzazione dell’innovazione, l’interessato dovrà darne comunicazione all’amministratore precisando ed indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi e l’assemblea, con le maggioranze sopra esaminate, potrà eventualmente prescrivere modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio oltre a decidere sulla nuova ripartizione delle superfici comuni per la salvaguardia delle diverse forme di utilizzo delle stesse; allo stesso modo l’assemblea può subordinare l’esecuzione della prestazione al rilascio d’idonea garanzia per eventuali danni cagionati. 

In molti casi sarà necessaria una relazione tecnica per accertare se sia possibile garantire a tutti gli interessati il pari utilizzo della parte comune.

Sulla base delle argomentazioni sopra esposte  è stato dichiarato parzialmente illegittimo e quindi condannato il proprietario a ristabilirlo nei limiti rispondenti alla propria quota di proprietà, l’impianto fotovoltaico che occupava una porzione eccedente la quota personale andando così a ledere l’altrui pari uso della parte comune di cui all’art. 1102 c.c. che, neanche in caso d’installazione di impianti di cogenerazione, può essere derogato (Tribunale di Milano sentenza n. 6987/2018).

Di contro, per la sentenza del Tribunale di Milano n. 11707/2014, il consesso assembleare non può, soddisfatti i requisiti della norma in esame, negare tout court l’autorizzazione all’installazione dell’impianto, quando contesti in modo generico e senza prova l’asserita lesione del decoro architettonico, la sicurezza o la stabilità dello stabile.  

Allo stesso modo il Tribunale di Gorizia nella sentenza 315/2018 ha affermato: Nel caso di specie, il tetto sul quale sono stati installati i pannelli fotovoltaici è destinato al servizio di più unità immobiliari appartenenti in proprietà esclusiva a proprietari diversi, il convenuto e altra proprietà. Pertanto è da considerarsi parte comune ex art. 1117 n.1 c.c. 

L’impianto fotovoltaico è stato installato nell’agosto del 2012. Applicabile alla fattispecie è dunque il disposto dell’art. 1102 c.c. – Uso della cosa comune – in base al quale “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”. Purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, il condomino, senza instaurare il dibattito assembleare, è legittimato ad installare un proprio impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili. L’art. 1122-bis c.c., introdotto ex art. 7 della legge n. 220 del 2012, concedendo la possibilità al condomino di installare pannelli fotovoltaici senza la necessità di ottenere il preventivo consenso dell’assemblea, si pone sulla falsariga di quanto disposto dall’art. 1102, comma 1, c.c., di cui la prima norma costituisce un’ipotesi applicativa. 

Nel caso in esame, non è stata fornita la prova del fatto che la posa dei pannelli, ad opera del condomino convenuto, ha leso il decoro architettonico dell’edificio oppure ha compromesso la stabilità o la sicurezza del fabbricato; parimenti, non si è dimostrato, a seguito di tale iniziativa, alcun pregiudizio a danno degli altri partecipanti, né alcuna alterazione della destinazione della cosa comune, posto che il tetto condominiale interessato continua ad assolvere la naturale funzione di copertura. In particolare il Condominio non ha provato il nesso di causalità fra i danni da spandimento dedotti e l’inadeguata installazione dell’impianto da parte del convenuto. Per quanto esposto, le domande del Condominio, di condanna alla rimozione dell’impianto e di condanna al risarcimento dei danni, vanno respinte”.