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summer on small green planetL’appartamento “apparta”. La comune anni ’70 mette tutto in comune. Il cohousing invece è vera e propria sharing economy: ciascuno ha i propri tradizionali spazi privati con in più, però, spazi e servizi condivisi con gli altri “cohouser”.

Quali e quanti siano questi spazi e servizi da condividere varia a seconda delle esperienze: cucine, lavanderie, spazi per gli ospiti, laboratori per il fai da te, spazi gioco per i bambini, palestra, piscina, internet cafè, biblioteca, gruppi d’acquisto solidale, car sharing… Il limite è dato solo dalla fantasia.

Ma di sicuro, specie in questo momento di crisi economica e sociale, il cohousing è un’importante risposta economica e sostenibile: centralizzare diversi servizi favorisce il risparmio energetico, diminuisce l’impatto ambientale della comunità ma soprattutto rende le città più vivibili, conviviali, sociali e socialmente attive.

Perché nella qualità della vita urbana la relazione viene insieme al risparmio. E dunque la qualità della vita è rappresentata dall’abitare in un luogo qualitativamente di alto livello perché pensato e progettato fin dall’inizio sulla base delle esigenze di chi vi abiterà (i cohouser vengono coinvolti fin dall’inizio nella progettazione del proprio habitat), con le tecnologie  più avanzate di risparmio energetico e di sostenibilità ambientale, un luogo piacevole, collaborativo, pieno di occasioni di relazione poiché si configura sulle esigenze della comunità che lì si insedierà, un contesto economicamente vantaggioso perché si realizza con la filosofia dei gruppi di acquisto (le persone aderiscono fin dall’inizio ad un progetto, rendendo possibili economie di scala altrimenti impensabili).

Qualità della vita che vuol dire, insomma, sostenibilità totale: per il portafogli, per  l’ambiente, per la socialità. Le relazioni solide, sincere, conviviali, perché accomunate da valori condivisi, rappresentano il valore più alto che il cohousing porta a chi vi abita.

Nadia Simionato