cohousingCohousing vuol dire abitare in contesti in cui si condividono alcuni spazi e servizi. Il termine è molto più conosciuto nei paesi Scandinavi, dove nasce come modello abitativo negli anni Sessanta, ma sta vivendo un piccolo boom anche in Italia.

I numeri lo dimostrano: quando nel 2005 Indaco, il dipartimento del Politecnico di Milano per l’innovazione e la sostenibilità, ha effettuato uno studio intervistando 3.000 persone sulla loro disponibilità a questo tipo di abitare, il 70 % ha risposto di sì.

Cohousing.it, la community che ha raccolto i risultati del lavoro del Politecnico e nel 2006, in due mesi ha aggregato con un questionario internet i primi 3.500 interessati, conta oggi 18.000 adesioni e la sua crescita è costante, alimentata dal passa parola di chi ha cominciato ad abitare questi condomini, dove il rapporto con i vicini non si limita ad imbarazzati incontri in ascensore o a litigi in cui l’amministratore fa da mediatore.

Il primo progetto realizzato è a Milano, nel quartiere Bovisa: Urban Village, una ex fabbrica di TAPPI recuperata e abitata dal 2009 da 32 nuclei famigliari, ognuno con una sua residenza privata da 50 a 140 mq e oltre 300 mq di spazi condivisi, organizzati in un giardino comune con oasi delle essenze (da cui tutti, al bisogno, prendono rosmarino, basilico, maggiorana ecc.) su cui si affacciano tutti gli appartamenti, un salone comune con cucina attrezzata, un deposito per le derrate alimentari del gruppo d’acquisto, una lavanderia con zona stiro, la stanza degli hobby, il rimessaggio delle biciclette, un’auto elettrica in car sharing e perfino una piscina scoperta.

Ma come si diventa cohouser? Il primo passo è registrarsi alla community cohousing.it. Quando Newcoh, la società di servizi che promuove progetti di cohousing e gestisce la community cohousing.it, trova un progetto adatto alle esigenze espresse dalla community, lancia la sollecitazione via newsletter agli iscritti e creando una pagina dedicata al progetto. Dalle espressioni di interesse di chi desidera aderire a quel progetto (solitamente moltissime), si arriva alla fine al numero che serve per far partire il cantiere. Ci sono tanti nuovi progetti in preparazione in Lombardia, in Toscana a Roma, Genova, Bologna…

A grandi linee lo schema è il seguente:

1)  La formazione del gruppo avviene in internet (cohousing.it), sulla base delle espressioni di interesse di chi vuole aderire ad un progetto.

2)  Dopo qualche mese ci sono i primi incontro per conoscersi e valutare i dettagli di progetto.

3)  Seguono altre riunioni per definire il sistema valoriale e immaginare cosa condividere.

4)  Dopo questi incontri si versa il primo acconto e inizia la progettazione dell’edificio, degli arredi comuni, delle dotazioni.

5)  Gli incontri di progettazione partecipata continuano durante la fase del cantiere per poter entrare nelle proprie case private parallelamente all’inzio della vita in cohosuing (si avrà una “carta costituzionale”, un’organizzazione di spazi e servizi, un regolamento per le attività che si vogliono svolgere negli spazi comuni e tanti vicini amici, felici di collaborare).

I tempi per arrivare alla casa dei sogni sono veloci: da uno a due anni, avvalendosi anche dei nuovi sistemi costruttivi che permettono di realizzare un edificio in poco tempo con classificazioni energetiche elevatissime. Nel frattempo si consolida il percorso di progettazione partecipata: si conoscono i propri vicini di casa, si condividono esperienze e valori, si progetta e organizza la propria vita in cohusing.

Si può vivere in cohousing anche in affitto… con il patto di futura vendita, poi, quella casa, di cui oggi si è inquilini, domani sarà di proprietà (è un sistema che consente di pagare un affitto per alcuni anni e, trasformando parte dei canoni in caparra, successivamente, poter accendere un mutuo): quello che serve a molti giovani che oggi non hanno un capitale iniziale da investire.

Per info:  www.cohousing.it

Marco Bolis