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dalboscoContinuiamo la pubblicazione delle nostre interviste ai protagonisti di REbuild 2015, tenutosi il mese scorso a Riva del Garda. La seconda intervista la abbiamo fatta a Tommaso Dal Bosco, Dirigente Area Sviluppo Urbano e Territoriale – IFEL ANCI, 50 anni, è responsabile del Dipartimento patrimonio, urbanistica, infrastrutture e politiche per la casa di ANCI.

Ha una formazione giuridica ed esperienze professionali di stampo manageriale nel campo dei servizi e della pubblica amministrazione.

Quali sono le prospettive per il mercato immobiliare italiano dal punto di vista finanziario, a REbuild si è parlato molto di partenariato pubblico/privato, ci spiega il SUO punto di vista?
Cerchiamo di andare per necessità verso un modalità nella direzione delle quale saremmo potuti andare un po’ prima senza esserci portati dalla necessità e dalla mancanza di risorse da investire, perchè di queste ve ne sono state tantissime e non abbiamo saputo probabilmente coglierne a pieno le opportunità e non sono state così opportunamente allocate.
Le amministrazioni pubbliche non hanno più soldi, inutile girarci intorno, ne consumano ancora tantissimi per mantenere se stesse, ma non hanno più denaro per investimenti, avendo enormi necessità di investimento per riqualificare il proprio patrimonio, sia quello strumentale, sia quello non strumentale, quindi a partire dalla rigenerazione urbana, sino a quella non strumentale degli uffici, ma la stessa, rispetto al passato, deve costare di meno ed essere più confortevole per consentire un aumento di produttività, allora il dialogo tra pubblico e privato è assolutamente necessario, idealmente le posizioni sono: regolazione pubblica, creatività, organizzazione e capitali privati.
Questa però non è un’equazione semplice, e sappiamo bene che queste forme di partenariato pubblico privato, in una fase di transizione come quella che stiamo vivendo adesso, sono state coltivate per continuare a riprodurre i vizi della precedente fase, ovvero: “ non ho più i sodi per fare un appalto, faccio un project finance perche così agiro il problema del denaro e della realizzazione dell’appalto”, ma poi se si va a vedere i contratti,( ricerche ance, ma anche Ifel, lo dimostrano), è vero che la stragrande maggioranza dei capitali veniva dai privati, ma la maggior parte dei rischi viene scaricata sul pubblico, determinando dei risultati assolutamente non positivi. Adesso siamo obbligati a costruire le condizioni affinché vengano utilizzati questi strumenti per la loro componente virtuosa, quella che permette di separare le funzioni di policy da quelle di gestione.
Come si fa ad equilibrare questi rapporti?
C’è in primis un problema culturale, di skill, di competenze di coloro che le devono applicare questa pratica nella parte pubblica e poi anche un problema di ordinamento giuridico italiano, basato sul diritto amministrativo che funziona per procedure ed è probabilmente poco adeguato ad ospitare istituti che derivano piuttosto dall’esperienza della Common law, anglosassone, che conta amministrazioni che funzionano per obiettivi.
Il problema dell’ordinamento diventa spesso un alibi, le procedure di partenariato pubblico/privato, tolgono agli enti locali la funzione che spesso in passato è stata sfruttata per i propri fini, ovvero utilizzare gli appalti per una funzione promozionale e di allargamento dei consensi, ma ora tale funzione viene meno, quindi c’è un problema anche di cultura politica da vincere.
Dall’altra parte c’è, però, la cultura speculativa del mercato, anche quella da sconfiggere, quindi noi come sistema associativo, abbiamo proprio cercato di costruire delle funzioni interne all’associazione che diventassero degli strumenti di supporto, sia redigendo linee guida, sia promuovendo l’attuazione e lo sviluppo di queste procedure, tenendo d’occhio i pesi dei rischi.
Poi ci sono i temi legati alla mancanza di risorse, ad esempio quelli legati alla simmetria comunicativa, quando un amministrazione riceve la comunicazione di un facility o di un property o di un global service, rispetto, ai risparmi che può conseguire, ma che non possono essere confortati, da parte dell’amministrazione, dalla conoscenza approfondita della situazione del proprio patrimonio immobiliare, grazie alle opzioni tecnologiche e dei risparmi che possono assicurare, non danno alla amministrazione quelle informazioni di base che permettono di valutare l’obiettiva migliorabilità di quella offerta e questo è un problema che abbiamo provato in tutti i modi a compensare e a risolvere, anche mettendo a disposizione strumenti finanziari, ma i limiti all’indebitamento, la mancanza di finanza, il patto di stabilità che impediscono di comprare consulenze e fare investimenti atti a colmare questo gap, sono una miscela micidiale ed esplosiva che alla fine ti mette completamente nelle mani del mercato, il che non funziona bene, quindi ipotizziamo di essere in una fase di transizione e una volta acquisito che il modello di partenariato pubblico/privato, diviene la modalità prevalente di intervento per fare investimenti, diviene necessario reperire delle figure di compensazione importanti.

Ilaria Rega