Rubrica a cura di Angelo Luigi Camillo Ciribini
P. Ma che cosa è il BIM?
O. Essenzialmente una metafora del cambiamento di paradigma.
P. A me sembra, più prosaicamente, una tecnologia, uno strumento. BIM! Una moda…
O. Un insieme di tecnologie abilitanti, anche, certo.
P. Un insieme? Allora non basta un software solo per produrre i modelli informativi?
O. Certo che no, si tratti di interi ecosistemi digitali.
P. Una follia: con gli operatori ridotti così a mal partito. E i software che non dialogano.
O. Già, ma non si tratta degli stessi che da sempre coltivano individualismo e autoreferenzialità?
P. Naturalmente, ma non ritieni che sia giusto conservare la propria identità?
O. Ah già, la centralità del progetto, la distinzione tra fasi e competenze.
P. Appunto: difendiamo le prerogative. Il conflitto tra interessi contrapposti è sinonimo di liceità.
O. Ma allora integrazione è sinonimo di collusione?
P. Questa idea della collaborazione è molto faticosa, meglio la libertà individuale, creativa.
O. Hai ragione, la collaborazione aumenta il grado di corresponsabilizzazione.
P. Ecco, proprio quello che occorre evitare.
O. È vero, è un esercizio faticoso per chi non possiede cultura industriale.
P. Ma non hai ancora capito che la nostra non è un’industria?
O. 4.0, Mass Customization, Cyber Physical…
P. Tutte parole astruse, da accademici. Noi siamo quelli che siamo sempre stati.
O. Ne sei sicuro?
P. Il nostro è un mondo di micro-dimensionalità, di oggettualità…
O. Che vuoi dire?
P. Comperiamo questo software: e che sia finita lì. Che non costi molto, però.
O. Così andrai solo a sostenere oneri senza vantaggi.
P. Non è vero: l’applicativo fa miracoli, ti impedisce di sbagliare. Eppoi serve sempre il CAD.
O. Lo credi davvero?
P. Senti: la verità è che qui nessuno ha voglia di cambiare alcunché.
O. Ma i processi?
P. Figurati: tutto fumo negli occhi, passiamo ai fatti.
O. E l’hardware?
P. Non ci costerà di più anche quello?
O. Servono nuove competenze.
P. Il BIM Manager? Te ne trovo dieci in un’ora. Più di così…Offerta in abbondanza.
O. Col BIM è necessaria una cultura di Project Management.
P. Macché: siamo creativi e ci arrangiamo sulla contingenza.
O. Ma praticare economie di conoscenza?
P. Non scherziamo: ciascuno proceda per conto proprio. Vinca il migliore.
O. Ma ormai tutti affermano che non si può più restare fermi.
P. Beh, un po’ di retorica non guasta. E usciamo da anni tremendi.
O. Che intendi?
P. Tutti quei discorsi sulla digitalizzazione: accademici! Giochi per adulti.
O. Ma la servitizzazione dei cespiti immobiliari?
P. Noi progettiamo forme e costruiamo oggetti. Il resto, sono fantasie.
O. Ma la produttività? E la legalità?
P. Al contenzioso non rinunciamo. E nemmeno al ribasso.
O. Ma i nuovi modelli organizzativi?
P. Non sono cose per noi. Eppoi, anche all’estero ci andiamo lo stesso.
O. Ma contiamo pochissimo nelle classifiche internazionali.
P. Non è un problema mio. Qui conta il breve periodo.
O. Ma non credi che il settore giusto per questo motivo non abbia buona reputazione?
P. Non ci interessa fare sistema, non lo abbiamo mai fatto.
O. E il BIM come metodo?
P. Ma quale metodo? È uno strumento bello e buono. Da condire coi processi fumosi…
O. E se le committenze decidessero di fare sul serio «il BIM»?
P. Per come sono messe ora? Sono le prime a ignorarlo. E a sottoremunerare…
O. Stiamo entrando nell’Internet of Things.
P. Stiamo uscendo, da superstiti, da una bufera tremenda.
O. Non hai cambiato idea?
P. Macché, poi adesso con la rigenerazione urbana, finalmente riprendiamo.
O. Su quali base?
P. Le solite: ci diano credito, agevolazione, investimento. Poi procediamo «as usual».
O. Ma è un pensiero poco originale.
P. Ormai siamo circolari, siamo da Smart City: che pretendi ancora?
Angelo Luigi Camillo Ciribini, DICATAM, Università degli Studi di Brescia