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architettura, Claudio Balestri, colori, decorazione, Eco-sostenibilità, green economy, Ilaria Rega, materia, Oikos

Spazio Oikos, Claudio Balestri
Oggi intervistiamo Claudio Balestri, Presidente di Oikos, azienda che dal 1984 produce colori e materia per l’architettura sostenibile, azienda pioniera del cambiamento del sistema produttivo industriale, dimostrando che è possibile fare business senza inquinare l’ambiente. Oggi questo sistema viene definito Green economy, ma negli anni 80 era una vera avventura.
Come nasce l’idea di Oikos come impresa sostenibile?
Oikos ha una storia lunga più di 30 anni che ebbe inizio nel 1984.
Tutto iniziò nel 1982, avevo 25 anni: volevo avviare un’impresa e insieme ad altri giovani aprimmo un negozio di colori e vernici, oggi le definiamo start-up.
Io che avevo una maggior ispirazione commerciale, marketing, creativa dopo un anno dall’apertura di questa attività, già la sentivo come un abito che mi andava stretto, ho cominciato a frequentare Milano, da sempre considerata la capitale dell’innovazione, del design.
Primo viaggio con la mia Fiesta degli anni ’80, avanti e indietro in autostrada (a due corsie, poche auto, non c’erano le code dei giorni nostri), mi avventurai a vedere questa grande metropoli (così appariva agli occhi di uno che veniva da un piccolo comune come Cesenatico).
Conoscevo per interposta persona un architetto e gli proposi la mia idea di creare un grande negozio in una piccola città: a Milano iniziavano ad aprire le prime ferramenta più grandi Morassuti e poi i Castorama 1988.
Grazie a questi andirivieni tra Milano e Cesenatico, per far serate con questo architetto e i suoi amici, iniziò a prendere forma il progetto del primo negozio, che era tutto creato con scaffalature su ruote. Questa idea mi era venuta viaggiando in autostrada e osservando che negli Autogrill, c’era questo percorso obbligato che dovevi fare per vedere tutta la merce. Ma se lì aveva un senso, perché la clientela cambiava sempre, invece in un magazzino dove la clientela era quasi sempre la stessa, era importante che i prodotti non fossero sempre nello stesso posto, altrimenti i clienti non avrebbero mai notato le novità, da qui l’idea delle ruote così il magazzino poteva cambiare costantemente forma.
Altro aspetto importante di questa storia di imprenditoria sostenibile è quando iniziai ad aprire i primi barattoli di vernice e a sentire l’odore che emanavano, io,figlio di contadini e quindi con un rapporto privilegiato con la natura, la trovavo una cosa improponibile. Per questo decisi di produrre delle vernici che non avessero solvente.
All’inizio mi vedevano tutti come una sorta di marziano, di visionario, di sognatore, il mondo correva, produceva di tutto, consumava, non importava cosa, erano gli anni del boom economico.
Decidemmo di andare contro corrente, di non seguire il percorso di inquinare, rovinare la natura, la scelta doveva essere: investire sulla ricerca, cambiare il metodo di produzione, raggiungere lo stesso obbiettivo senza far danno alla natura. La tenacia, l’audacia ci ha premiati, fummo i primi a produrre vernici senza solventi.
All’epoca, parliamo degli anni ottanta, vi era minore attenzione verso queste tematiche, ma noi già allora facemmo del riuso e del riciclo della materia la nostra mission.
Iniziammo a pensare che le pareti pitturate non potevano essere solo bianche o con carta da parati. Quindi la ricerca doveva andare anche nella direzione di dare una decorazione alle superfici, andai a studiare tutte le antiche tecniche di decoro, gli stucchi veneziani, quelli della Domus Aurea e di altri importanti pezzi della nostra storia antica e poi la ricerca proseguì per realizzare prodotti che riproducessero con quelle tecniche le decorazioni in un contesto contemporaneo.
Ma lì sorgeva un problema: non c’erano più i maestri decoratori! Quindi fatta la ricerca, trovato il sistema, realizzati i prodotti chi sarebbe stato in grado di applicarli?
E così iniziai ad andare in giro per l’Italia alla ricerca di artigiani imbianchini con mentalità più aperta e disponibili a provare queste rivoluzionarie quanto antiche tecniche di applicazione e così si creò una rete di decoratori che a loro volta diventati Maestri Decoratori ne formavano altri, oggi contiamo con centinaia di esperti professionisti.
All’epoca erano in pochi a parlare di eco-sostenibilità, il massimo della certificazione ambientale era un angioletto azzurro, proveniente dai paesi nordici, che certificava il prodotto con un bollino azzurro a testimonianza di meno tossicità rispetto agli altri.
L’industria automobilistica fu la prima ad avvertire questa esigenza e ad iniziare ad utilizzare le vernici ad acqua, perché negli stabilimenti dove si faceva la verniciatura, per gli operai l’aria era irrespirabile. Lì la tecnologia ha fatto passi da gigante e noi abbiamo preso lo spunto per riportarne gli effetti positivi all’ambito della casa e delle abitazioni. Così il processo è andato avanti, possiamo dire di essere stati promotori di una normativa europea che nel 2004 obbligava a non utilizzare più negli ambienti pubblici i prodotti con solventi. Ora è una abitudine imposta dal cliente, perché quando il cliente viene a conoscenza dei rischi, non vuole più il prodotto tossico.
Siamo un’industria con una cultura ambientale, sostenibile, sensibile al punto che ricicla tutto della propria produzione, recupera gli scarti dai quali nascono nuovi prodotti, abbiamo dimostrato e continuiamo a dimostrare che è possibile creare business rispettando l’ambiente, recuperando scarti e dando una nuova vita alla materia che diversamente finirebbe nelle discariche. Pensiamo ad esempio al travertino e a quanto scarto viene prodotto per estrarlo, noi questi scarti li micronizziamo, alla fine, con una specifica procedura e alcune tecniche, diventa come una pasta che, stesa sulla parete, una volta asciugato è identico al travertino, con la peculiarità che la materia di questa finitura è composta proprio dal travertino stesso.
Allo stesso modo siamo in grado di riprodurre l’effetto ruggine e l’effetto legno, ad esempio l’effetto casserato è un’altra tecnica che oggi è di gran moda, lo abbiamo riprodotto all’interno dell’ingresso del nuovo palazzo Unicredit a Milano progettato dal grande Maestro Michele De Lucchi, in quel meraviglioso palazzo, tutto quello che non è legno, anche se a vista d’occhio non sembra, è il risultato di questa tecnica: Casserato by Oikos.
Anche la scelta del nome e del colore è riconducibile alla nostra passione per il verde e l’ambiente, il logo verde non è stato cambiato negli ultimi anni per adeguarci alle tendenze, è stato voluto fin dalla sua ideazione in quanto il verde rappresenta la natura, il nome Oikos dal greco significa “Casa, famiglia, luogo del vivere sano, del benessere” vi è stata una precisa volontà nella scelta, e non un adeguarsi ai tempi o alle esigenze di mercato.
Oggi continuiamo ad investire fortemente sulla ricerca, il nostro obiettivo è zero impatto ambientale, desideriamo eliminare la formaldeide laddove sia ancora presente, (poichè è un elemento indispensabile, consentendo di conservare il prodotto), anche se il processo per farlo è molto costoso, ma abbiamo deciso di investire in questa direzione per superare l’ultimo ostacolo che ci permette di poter dire che abbiamo l’intera produzione ad impatto zero.
Quindi potremmo dire che è stato un antesignano delle imprese eco-sostenibili. Vi siete occupati della diffusione dalla cultura nel vostro settore?
Assolutamente si, la mission è quella di far conoscere ed utilizzare al meglio il colore, di formare dei color designer, perché il colore, se ben utilizzato, migliora l’ambiente in cui sei, infatti uno dei nostri slogan è: “Il colore migliora la vita”.
Abbiamo sempre sviluppato formazione, “Oikos Academy” è il nostro fiore all’occhiello, da sempre si occupa di formazione, creata appositamente per generare cultura e creare valore, facilitando la formazione ed informazione di soluzioni personalizzate e innovative che siano garanzia di qualità e durabilità, a favore di tutti gli operatori del settore.
Noi collaboriamo costantemente a stretto contatto con architetti, maestri decoratori, rivenditori ed è necessario che essi possano conoscere al meglio le tecniche, la qualità della materia e dei colori da utilizzare nei progetti, la possibilità di creare superfici su misura
E’ sostanzialmente un errore definire il colore solo in fase finale di progetto. Il progetto deve avere già in sé il colore. Il progettista, il “visionario”, l’artista dei luoghi, pensa agli spazi e alla loro definizione cromatica nello stesso istante. Per definire cosa significhi “progettare il colore” è necessario tenere presenti i numerosi aspetti che influenzano questa operazione, legati ad ambiti non solamente architettonici; i settori disciplinari complementari sono, infatti: la storia, la psicologia, la sociologia, l’estetica e l’antropologia.
L’innovazione che ruolo ha per Oikos?
Fondamentale, crediamo sia un fattore indispensabile per garantire al progettista soluzioni sempre all’avanguardia che facilitino la creazione di progetti innovativi, che soddisfino le aspettative del committente e nello stesso tempo rispettino l’ambiente.
Ci occupiamo di soluzioni cromatiche per le superfici, verticali, orizzontali interne ed esterne, con un continuo percorso di studio e sperimentazione che ci ha permesso di mettere in relazione diretta colore e materia, con risultati estetici e qualitativi interessanti ed apprezzati.
Quanti dipendenti ha Oikos e in quanti paesi siete presenti?
Oggi abbiamo 170 dipendenti, siamo presenti in 50 Paesi,in Europa, Medio Oriente, Stati Uniti, Cina, con presenza più forte nei mercati emergenti dove rappresentiamo un riferimento per i materiali e i colori di qualità. Oikos ha da sempre guardato oltre frontiera, in modo pionieristico, ha aperto mercati portando conoscenza, cultura, storia ed arte italiana.
Le soluzioni decorative, tecniche e funzionali di Oikos per le superfici di tutti gli ambienti interni e facciate esterne sono un vero esempio di Made in Italy, con soluzioni tailor -made e come industria artigiana della superficie materica.