Nei prossimi anni la crescita esponenziale dei big data richiederà tecnologie e metodi analitici innovativi in grado di garantire l’assimilazione di conoscenza e valore attraverso l’utilizzo di contenuti multimediali, dispositivi connessi e social network. Allo stesso tempo però si stanno facendo grandi passi avanti anche nella gestione e applicazione di questo quantitativo di informazioni.
“La convergenza di masse di dati sempre più grandi e di tecnologie sempre più avanzate sta alimentando rapidi cambiamenti – sostiene Paolo Gianturco partner di Deloitte e responsabile per il FinTech –. Certo è che la gran parte delle aziende sta catturando soltanto una frazione del valore potenziale dei dati e degli analytics”.
Anche il settore finanziario e del credito approfitterà di questo importante cambiamento, permettendo un significativo miglioramento dei risultati e una contemporanea ottimizzazione delle risorse disponibili; tutto questo nonostante il settore abbia agito con colpevole ritardo rispetto all’utilizzo dei Big Data.
A muoversi in anticipo e ad avvantaggiarsi del maggior progresso con la grande massa di informazioni sono stati settori come quello dei servizi basati sulla localizzazione e quelli della vendita al dettaglio. Si tratta, in entrambi i casi, di aree che hanno avuto concorrenti nativi digital come Google e Amazon. Al contrario, i servizi finanziari, il manifatturiero, il pubblico e la sanità hanno catturato solo una piccola parte dei vantaggi, meno del 30% del valore potenziale.
C’è ancora parecchia strada da fare. “I più grandi ostacoli che le aziende devono superare per estrarre valore dai dati e per realizzare efficienti analytics sono di stampo organizzativo: molti lottano per incorporare il valore aggiunto dei dati nei processi day-by-day – aggiunge Luigi Mastrangelo partner di Deloitte ed esperto Emea su tematiche Big data –. Un’altra sfida è quella di attirare nuove figure data scientist che sono in grado di combinare competenze di analisi dei dati a competenze funzionali”.
I settori e le aziende che oggi sono in grado di sfruttare in modo efficace queste funzionalità, in futuro saranno in grado di creare un valore significativo e differenziarsi. Gli altri si troveranno sempre in svantaggio. Per il settore della finanza e delle banche, i benefici apportati dai Big data sono, per fare un esempio, una realtà in processi come quello della creazione di nuovi stream di reddito.
Significa che sfruttare le conoscenze generate dai dati consente un aumento dei ricavi e dell’efficienza operativa. Ne è un esempio la maggiore segmentazione della clientela per raggiungere le esigenze specifiche del singolo. Oppure l’analisi delle abitudini in rete che consente di arrivare a proposte mirate, tagliate sulle preferenze del cliente.
“È solo uno degli innumerevoli esempi della vasta gamma di possibilità che offre il nuovo mondo dei Big data” dice Mastrangelo. Le tecnologie Big data permettono architetture tecnologiche scalabili e più efficienti che consentono anche di minimizzare i costi. L’esperto racconta che una delle più importanti banche europee, con l’implementazione e l’utilizzo dei Big data ha ridotto l’operational time to market, passando da tre giorni per il caricamento dei dati a tre ore appena.
In conclusione Big Data è un dato di fatto per tutte le grandi aziende. Un’indagine pubblicata lo scorso anno evidenzia le prospettive del settore da un piccolo ma influente gruppo di dirigenti: i CIOs, CDOs e alti dirigenti di imprese nella Fortune 1000 list. Tra i risultati emerge che, se nel 2012 soltanto il 5% delle imprese disponeva di Big data in produzione, appena tre anni dopo, nel 2015, questo livello era esploso al 63%. Inoltre il 63% delle imprese si aspetta di investire più di 10 milioni di dollari nei Big data entro quest’anno. Il 40% in più di quanto previsto nel 2012.