Tag

, , , ,

Intervista a Oscar Di Montigny
Oscar_IconBuongiorno Oscar, ho deciso di intervistarti perché impossibile non accorgersi di quanto tu ti stia impegnado  per innescare circoli virtuosi anche attraverso il tuo paradigma dell’Economia 0.0, (personalmente, credo a nome di molti, ti ringrazio per la tua incessante attività in tal senso, non scontata da parte di chi “potrebbe” avere una vita “comoda”), in particolare mi ha colpito la tua frase:

Fare del bene e farlo bene: “fare della nostra vita un prodotto e fare di questo prodotto qualcosa di significativo per l’insieme.” È una nuova idea: un’economia sostenibile che esprime la capacità di esistere insieme, nella relazione col tutto e non soltanto come parte a se stante.
È un’economia basata sul capitale creativo culturale, capace di riconoscere nell’Amore l’atto economico per eccellenza. Ox
 

Quanto tempo fa ti sei accorto dell’importanza di lavorare in questa direzione e cosa ti ha spinto?

Era circa il 2001. Ho iniziato a riflettere in maniera più profonda sull’importanza di vivere la mia quotidianità in maniera un po’ più “sensata” di quanto già non facessi. Sensata nel senso etimologico del termine: dare un senso alle cose. Ho iniziato ad assaporare il gusto di fare qualsiasi cosa ponendomi come obiettivo non solo il vantaggio personale, ma anche quello della collettività.

Come la finanza può essere etica?

Ripensandosi. La finanza può essere etica, se si pone nuovi traguardi, senza confondere più lo scopo con il mezzo. Quando la finanza riesce a mettere al centro l’umanità e l’uomo, allora diventa un mezzo fantastico di cambiamento, se invece continua a confondere scopi e mezzi, identificando nell’uomo il mezzo attraverso il quale raggiungere obiettivi meramente economici, a lungo termine, è destinata a fallire.  È importante, inoltre, individuare dove ci posizioniamo noi, come individui, lungo questo asse temporale, per capire se ne vedremo la disfatta o meno.

Ovviamente non si tratta di una cosa a breve termine, però la curva ha già iniziato a tendere verso il basso.
Diverso sarebbe se la finanza fosse percepita come una tecnologia, una forma d’arte di cui dotarsi per produrre benessere in maniera più semplice, efficace e su scala collettiva.

La finanza è un po’ focalizzata su se stessa, fa fatica a tenere conto dell’insieme, della collettività.

Business e amore, come si coniugano?

Business e amore si coniugano perfettamente. Penso che l’atto di amore, sia l’atto economico per eccellenza. Il business per definizione si pone l’obiettivo di produrre ricchezza per chi offre qualcosa al mercato.

L’atto di amore non è commercializzabile in quanto tale, però immaginare ciò che si fa nel business come un atto d’amore dovrebbe far sì che l’aspetto ideologico dell’atto di amore consenta di produrre un risultato concreto. Lo dico perché nell’atto d’amore, nel rapporto tra domanda e offerta, non possiamo non riconoscere che qualunque uomo, in maniera naturale, desideri essere amato. Questo è un enorme mercato della domanda. L’uomo, poi, a meno che non abbia subito dei condizionamenti, propende all’amore naturalmente, perché è palese nell’essere umano la sua dipendenza dall’altro. Nessuno di noi saprebbe sopravvivere da solo, quindi noi siamo dipendenti dalla comunità. È chiaro a tutti che la nostra presenza all’interno della collettività non può che passare attraverso una considerazione che noi facciamo di questa. La più alta forma di considerazione dell’altro, non può che essere un atto di amore, per cui ci  troviamo all’interno di un mercato in cui vi è una infinità di domanda e offerta.  Detto questo, l’atto di amore serve al business, perché in amore tanto dai, tanto ricevi, questo è un cliché appartenente a qualunque cultura che può sembrare banale, ma, se appartiene ad ogni cultura, mi fa pensare che sia tendenzialmente credibile.

Poi ci sono quegli uomini, quelli che io definisco “i più coraggiosi”,  che sanno accontentarsi del piacere di dare senza necessariamente ricevere in cambio. In un contesto simile quindi o il ritorno dell’investimento è garantito dal: “tanto dai, tanto ricevi” o, addirittura, non si ha neanche un’aspettativa a riguardo. Se il business riuscisse ad essere animato da questo spirito io credo che potrebbe  definirsi realmente redditizio.

Il coraggio, l’amore per il prossimo e la natura come le declini nella tua vita?

Mi piace pensare la natura come “il grande contenitore”, l’ambiente dove tutto si svolge. La natura trascende l’uomo e, anche se pensiamo di poter far senza, (in effetti, la stiamo un po’ maltrattando, come se non ci servisse), in realtà ci dimentichiamo che ci contiene.

Fosse anche solo per questo, andrebbe rispettata ancor di più, più per necessità, per esigenze tangibili che per, passatemi il termine, poesia. Chiunque ama abitare in un ambiente conforme agli standard comuni, quindi: ordinato e pulito.

Il coraggio poi è una condizione necessaria, ci vuole sempre, soprattutto quando affermi cose come queste, perché l’accusa più comune è quella di essere banale e demagogico, ma, personalmente, quando mi definiscono banale, lo trovo un complimento; anche perché l’idea di essere originali, parlando di amore, sarebbe arrogante e se l’amore è così banale allora dovremmo riflettere sul perché non se ne parli mai.

Hai una bella famiglia, sei un top manager e ti adoperi molto anche per migliorare il mondo, come fai?

È una domanda che mi fanno spesso. In parte la comprendo, in parte faccio fatica. È un po’ come chiedere a un genitore il cui figlio si è ammalato perché, dopo essere tornato a casa dal lavoro, passa la notte a cercare una soluzione per la malattia del figlio, oppure come chiedere a un campione di scacchi come fa la sera, rientrato da un’intensa giornata lavorativa, a mettersi lì, a studiare nuove strategie di gioco. Due metafore, ovviamente, per dire che occuparsi delle cose che amiamo, che ci appassionano, non è assolutamente uno sforzo. Lo sforzo è su una dimensione più grossolana, è la gestione del tempo, della fatica fisica, della stanchezza. Ho una forte motivazione. Credo sia una cosa utile e giusta da fare e mi piace molto. Detto questo, bisogna mediare con l’aspetto ordinario della propria vita perché poi il mondo ti vuole: al lavoro attento e non addormentato perché hai fatto le cinque della mattina, la moglie e i figli ti vogliono presente perchè non è detto che i tuoi famigliari debbano condividere con te il lato aspirazionale della tua vita.

La nostra esistenza è una costante mediazione tra una dimensione ordinaria e una straordinaria della vita. Poi le cose accadono e accade che un sacco di gente si renda disponibile a far parte dell’impresa.

Quali sono gli insegnamenti, dalla tua esperienza, che oggi un padre dovrebbe dare ad un figlio?

Un figlio deve cercare in tutti i modi di essere migliore di suo padre. 

Cosa suggeriresti a chi governa per migliorare l’attuale situazione mondiale, in cui i diritti umani sono sempre più difficilmente individuati e riconosciuti?

Penso che tutti dovrebbero aver studiato un po’ di filosofia, un po’ di arte e un po’ di scienza ed economia e, in ogni caso, credo che chi li nomina debba preoccuparsi che la loro formazione culturale poggi su questi argomenti.

Questo perché la filosofia da sempre indaga il senso del bene, l’arte del bello, la scienza del vero e l’economia del giusto, quindi se chi governa non ha studiato cosa è bene, bello, vero e  giusto,  non potrà occuparsi della collettività. Il mio modello di riferimento è quello greco classico dove i governatori erano dei disinteressati filosofi, però molto capaci anche nella vita pratica.

È necessario scommettere di più sull’educazione, perché un popolo ignorante fa troppa gola a un pessimo politico.

Grazie Oscar per la bella testimonianza!

Per saperne di più sull’Economia 0.0 e su Oscar Di Montigny, vista il suo blog: http://www.oscardimontigny.it/

Ilaria Rega