Rubrica a cura di Angelo Luigi Camillo Ciribini
buildIl BIM, oggi interpretato quale Better Information Management o Business Intelligence Management, mette in evidenza la grande sfida che si prospetta al Settore delle Costruzioni, consistente nel coniugare un doppio movimento, di innovazione incrementale e radicale al contempo.
Sotto un certo punto di vista, infatti, vi è quello che è solitamente definito come Building Information Modeling, vale a dire l’aspirazione a razionalizzare e a efficientare gli Operatori e i Processi attuali, nonché i Prodotti tradizionali, grazie a un imponente apparato strumentale.
Il problema è che questo approccio si sviluppa autonomamente, autoreferenzialmente, e, così facendo, involontariamente incontra le e si scontra con le conseguenze trasformative che proprio le tecnologie inducono sugli assetti organizzativi, sui quadri contrattuali, sulle logiche finanziarie.
Di fatto, l’intento di ottimizzare, per via strumentale, i flussi convenzionali, consolidati, potrebbe generare una diversa inefficienza oppure forzare una intensa evoluzione degli equilibri vigenti in termini di identità, di ruoli, di responsabilità.
Comunque sia, l’intera narrazione sulla via digitale per le Costruzioni ribadisce, tutto sommato, una concezione «oggettuale» e «tangibile» del cespite, immobiliare o infrastrutturale.
Al contrario, ciò che si cerca di sperimentare, tentativamente, all’Università degli Studi di Brescia, è una nozione di Behavioural Modeling, vale a dire una ipotesi per cui il Committente, che sarà anche Gestore, progetta, simulandoli immersivamente, Servizi che attengono alla dimensione Operational del Bene e che, naturalmente, si intreccia con l’accezione di Occupancy e con quella di User.
In pratica, si profila una ipotesi che, partendo da un Digital Design Workflow che, in termini di Gamification, precede di molto l’ingresso nel contesto progettuale dei Professionisti, a favore di Committenti/Gestori e di Pannelli di Utenza, soprattutto, cerca sia di ricomprendere al proprio interno lo schizzo autoriale dei Progettisti, la morfogenesi progettuale, sia di stabilire una forma di Experiencing e di Interactive Design, che permetta, nel tempo quasi reale, una validazione immersiva, multisoggettuale e multisensoriale delle opzioni progettuali, attraverso il ricorso ad ambienti immersivi avanzati.
Se ciò vale per il Processo, per il Prodotto si dovrebbe affermare che l’Edificio o l’Infrastruttura Connessa e Cognitiva instaurano, in presenza e in remoto, un dialogo, un autoapprendimento, che mira a personalizzare i servizi che il Bene (Im)Mobile evolutivamente possa offrire all’Occupante o al Passeggero.
Ovviamente, qui si pone la questione della natura delle Forme e degli Spazi che attengono all’«immateriale», oltre una mera logica di Uberizzazione del Settore dell’Ambiente Costruito, che, altrimenti, farebbe il paio con le icone del 4.0.