di Matteo Perini

cohousingIl progetto, nato in Scandinavia negli anni sessanta, sta lentamente prendendo piede anche da noi. La condivisione degli spazi e delle spese permette a molte famiglie di affrontare al meglio i duri effetti della crisi.

 L’emergenza abitativa in Italia è una problematica diffusa che ormai non fa più notizia. La possibilità di trovare una casa funzionale, accogliente e a costi accessibili sembra oggi difficilmente realizzabile a causa delle difficoltà bancarie di accesso al credito e della crescente precarietà del lavoro. Unadelle possibili soluzioni a questa situazione stagnante che interessa il nostro Paese viene dal cohousing, progetto nato negli anni sessanta in nord Europa (Olanda e Danimarca in primis), e dopo essersi diffuso anche altrove (Giappone, Stati Uniti ma anche Inghilterra, e Australia) sta lentamente prendendo piede anche da noi.

Il cohousingè la nuova frontiera dell’abitare, pensato per condividere spazi residenziali comuni e privati; i cohousercreano comunità in cui vivere spartendosi compiti, servizi e soprattutto il bene ad oggi più prezioso, ovvero il proprio tempo: si può decidere di creare un orto comune nel cortile di un palazzo, realizzare una sala comune da adibire a micro-nido o palestra condominiale, istituire un servizio di bike o car sharing e ulteriori spazi all’interno dei quali scambiarsi competenze e attività. Un aspetto importante è senza dubbio quello culturale, a partire dalle biblioteche comuni, dove depositare e condividere tutto il proprio “sapere” e al cui interno si possono creare eventi aperti verso l’esterno, con l’obiettivo di farli diventare dei veri e propri laboratori e centri culturali.

Tutto questo con la volontà di favorire la crescita di relazioni interpersonali tra vicini di casa, senza però rinunciare alla propria privacy, garantita dai singoli appartamenti, dotati di ogni comfort. Tutto si decide e si fa insieme, evitando i classici litigi condominiali.

In Italia Milano e Torino hanno sperimentato per prime questa novità, come spesso succede in fatto di innovazioni. È stato proprio nel capoluogo lombardo che ha visto la luce la prima esperienza di cohousing, l’Urban Villag eBovisa, abitato ancora dalle 30 famiglie che lo fondarono nel 2006 e, sempre a Milano, stanno nascendo Co Ventidue e Cohousing Chiaravalle. A Torino, l’associazione Coabitare gestisce quattro progetti, tra cui spicca Numero Zero, una palazzina ottocentesca in piena Porta Palazzo, ristrutturata per offrire una diversa esperienza di vita.

 

La qualità dell’abitare passa inevitabilmente anche dalla qualità degli ambienti domestici e degli spazi comuni, nei quali la necessità di raggiungere i più alti standard di comfort possibile si combina con la necessità di una efficienza energetica tesa al minor impatto economico possibile e al rispetto dell’ambiente in generale. In ogni progetto realizzato sono state usate le tecnologie costruttive e i sistemi impiantistici più adatti e avanzati per garantire la miglior classe energetica possibile: energia pulita ed efficiente, basso impatto, consumi ridotti e cultura/buone pratiche sui comportamenti vicini all’ambiente e al risparmio.

 

Non solo. Lo sviluppo delle attività esercitate in comunefavoriscono l’abbattimento dell’impatto ambientale della filiera produttiva (ad esempio di frutta e verdura grazie alla realizzazione degli orti comuni) e dell’inquinamento (come il car sharing, che contribuisce alla riduzione del numero di auto circolanti e delle relative emissioni di gas nocivi).

 

La vita in cohousing rende possibili piccole grandi magie (economie) quotidiane. Grazie a questo tipo di approccio, acquistare casa in cohousing è più conveniente perché ogni progetto parte solo se esiste un numeroso gruppo fondatore che si comporta come gruppo d’acquisto. In più i tanti spazi comuni coperti e all’aperto, oltre ad essere compresi nel prezzo (e a non costituire costi accessori), sono elementi che consentono ad ogni cohouser di acquistare alloggi di dimensioni più contenute, spostando sulle funzioni comuni quegli spazi che altrimenti dovrebbero essere inclusi negli appartamenti privati (es. camera per gli ospiti, salone per le feste, lavanderia, hobby room, palestra, ortoecc…) permettendo quindi di abbattere il costo della propria abitazione.

 

Il cohousing oggi rappresenta anche una grande leva di cambiamento delle logiche tradizionali di salvaguardia dell’ambiente: l’attenzione al recupero e al riutilizzo di aree dismesse e la volontà di trasformazione e valorizzazione del patrimonio esistente, anziché consumare nuovo territorio, sono le linee guida che contraddistinguono questo nuovo modello abitativo. Ciò rappresenta una notevole opportunità per tutti gli attori coinvolti nel processo realizzativo (investitori, pubblica amministrazione, cohouser) e rappresenta un’opportunità anche a livello sociale poiché consente di ricostruire il tessuto urbano degradato con logiche di valorizzazione positive per tutto il territorio.

 

 

La vita in cohosuing, insomma, consente di realizzare in forma condivisa spazi e servizi (e anche piccoli lussi) altrimenti oggi insostenibili per molti, permettendo alle famiglie di affrontare al meglio le difficoltà insite nell’attuale fase economico-sociale nel nostro Bel Paese.

 

Matteo Perini