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di Giovanni Salvarani

Seconda parte

salvaraniAbstract

La segregazione residenziale è fortemente legata alla stratificazione socio-professionale. Nonostante l’Italia non sia stata ancora toccata da forme di forte isolamento spaziale come le gated communities americane, sono presenti, soprattutto in Lombardia, alcuni esempi di quartieri residenziali che si pongono l’obiettivo di ridurre la mixité sociale e creare una comunità che condivide non solo una condizione socioeconomica simile, ma anche la medesima mobilità sociale. Anche Parigi è caratterizzata da quartieri fortemente segregati, seppur con una diversa composizione delle classi superiori e della divisione sociale dello spazio. Questo articolo cerca di comparare le due realtà, mostrandone le eterogeneità.

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 Ci troviamo quindi di fronte a paesaggi urbani immediatamente leggibili, luoghi che esprimono un’identità fissa ed egemonica relativa alla classe sociale che li abita e all’uso che ne deve fare. La tendenza dei loro abitanti non è soltanto legata al desiderio di sicurezza, ma anche alla sicurezza del desiderio: inquadrato e invariabile (Bégout, 2002). Dalle interviste effettuate nei quartieri di Milano 2 e San Felice risulta che molte famiglie si sono spostate dal centro all’inizio degli anni ’70, in coincidenza con il periodo cosiddetto degli “Anni di Piombo”. Quel particolare momento storico era caratterizzato, soprattutto nelle classi superiori milanesi, da una profonda incertezza e paura determinate da manifestazioni di strada, attentati in luoghi pubblici, rapimenti politici o a scopo di rapina. Il timore di violenze urbane e la sensazione di vulnerabilità hanno contribuito al desiderio di “chiudersi” in luoghi più isolati e sicuri.

Ciò che accomuna i quartieri rifondati francesi e italiani è il legame che vi è fra il luogo di lavoro e l’abitazione privata. Questi spazi sono spesso situati in zone che possano permettere ai loro abitanti di minimizzare la distanza e i tempi di trasporto quotidiani: i quadri d’impresa cercano di mantenere una certa prossimità spaziale e temporale tra casa e ufficio, considerati gli orari di lavoro che possono protrarsi fino a tarda sera. È utile precisare che i quartieri rifondati, proprio per la loro caratteristica di isolamento e chiusura, soffrono generalmente di uno scarso servizio di trasporto pubblico. Questo comporta un utilizzo dell’automobile certamente più intenso rispetto a chi vive nel centro città e costituisce un problema per gli adolescenti, in particolare nella fascia d’età 14-18 anni, in cui il desiderio di uscire dal quartiere risulta spesso impossibile vista la distanza considerevole dai luoghi di divertimento ancora situati nelle aree centrali della metropoli.

Dalle comparazioni fra Segrate e La Défense si nota come i quartieri rifondati siano generalmente abitati da classi superiori socialmente differenti fra le due città. A differenza del quartiere parigino, in cui la presenza di quadri e ingegneri d’impresa con un titolo di studio elevato é sovra rappresentata, nei quartieri di Milano 2 e San Felice le professioni superiori sono caratterizzate da dirigenti di piccole imprese e da artigiani-commercianti, raramente in possesso di un diploma universitario. Questi ricchi imprenditori si distinguono per un consumo ostentato di beni e servizi di lusso, che permette loro di esprimere uno status sociale altrimenti non garantito da altre convenzioni (diploma, posizione dirigenziale in una grande azienda, appartenenza ad una antica famiglia borghese). Questi comportamenti inducono spesso a critiche che denunciano l’incultura, la superficialità o lo snobismo.

La stratificazione sociale fra i quartieri rifondati delle due metropoli è molto differente. A Milano il livello socio-professionale e patrimoniale dei cittadini di Segrate è difficilmente individuabile, poiché molti di loro lavorano assieme o per la medesima azienda. La ragione iniziale della scelta residenziale di quel tipo proviene proprio dalla ricerca di omogeneità sociale e dalla volontà di una costruzione comunitaria fra classi superiori. A Parigi, invece, la percezione delle gerarchie dello spazio urbano è molto più individualista e ansiogena. La scelta del quartiere dove abitare proviene da una volontà di marchiare il proprio livello economico e il successo socio-professionale, paragonandolo spesso con i propri vicini. Dalle interviste sono emerse delle pratiche di comparazione fra i vari quadri d’impresa: il ricevimento nella propria abitazione diventa un’occasione per stimare la grandezza e l’arredamento dell’appartamento, tanto da rifiutare di ricambiare l’invito per paura di rendere manifesta la propria inferiorità economica.

La forma prevalente di giudizio sociale e la principale rivendicazione dell’identità locale parte proprio dalle variazioni socioeconomiche, la cui soglia di tolleranza è molto limitata. Proprio per questo motivo, a Faubourg de l’Arche, molti cittadini trovano ingiusto il fatto che alcuni loro vicini abbiano beneficiato degli alloggi sociali per poter accedere alla stessa area abitativa. Queste realtà di razzismo sociale rendono la vita nei quartieri rifondati molto complessa per le famiglie, che fanno sacrifici per poter ambire ad uno status più elevato.

Nella zona di Milano 2 e San Felice, invece, la vita di quartiere viene considerata importante come risorsa di capitale sociale. Nella società italiana, infatti, le reti di conoscenza all’interno di un entourage sono redditizie per accelerare la propria carriera e creare collaborazioni professionali. Certi quadri d’impresa condividono la socialità del quartiere con i colleghi o i propri superiori, sperando che una frequentazione informale al di fuori degli orari di lavoro possa migliorare la propria posizione lavorativa.

Il caso di Milano 2 e San Felice si dimostra un tentativo di reinventare localmente e collettivamente una nuova classe borghese, in contrasto con quella più tradizionale situata nel centro storico. La compresenza in questi quartieri rifondati di residenti molto ricchi permette di compensare alcune lacune individuali dei loro abitanti, ad esempio il basso livello di istruzione e la posizione socio-professionale non particolarmente prestigiosa o intellettuale. I residenti condividono la carriera imprenditoriale e pubblica di chi “si è fatto da solo”.

È chiaro, quindi, che la segregazione residenziale fra le due città è accomunata dalle caratteristiche tipiche dei quartieri rifondati: il rifiuto della mixité sociale, la distinzione di classe e in particolare la condivisione di certa idea di mobilità sociale e occupazionale.

D’altra parte, sono numerose le differenze fra i quartieri di Segrate e La Défense. Ciò che a mio avviso caratterizza il caso Milanese è il fenomeno della creazione dei quartieri rifondati negli anni ’70 con lo scopo di fare comunità tra chi non appartiene alla vecchia borghesia cittadina, ma è asceso economicamente negli ultimi decenni. Proprio chi non viene accettato nei grandi circoli o nei Rotary Club della metropoli lombarda cerca di vivere in queste aree un effetto coorte, per cui ha forte consapevolezza di appartenere a un gruppo che partecipa ad una esperienza comune. Si tratta di due differenti dimensioni simboliche del capitale sociale: da una parte i circoli più antichi e tradizionali, formati generalmente da grandi imprenditori e dirigenti di importanti aziende del Nord Italia, dall’altra un’area abitativa semichiusa, etichettata, meno attaccata ad una dimensione territoriale e scolare, denunciata dai detrattori come “ghetto dei ricchi”. Si tratta di una nuova borghesia, caratterizzata dalla condivisione degli stessi luoghi di lavoro, principalmente del settore mediatico e della comunicazione (da notare la vicinanza con aziende tecnologiche, televisive ed editoriali quali IBM, Mediaset e Mondadori).

Nei quartieri rifondati parigini, invece, si può quasi intravedere il disegno di una strategia comune, per cui gli individui condividono la medesima percezione della qualità dei quartieri e delle opportunità ad essi collegate in merito alla fruizione di servizi pubblici e privati. Per questo motivo si tende a scegliere il quartiere migliore fra quelli alla propria portata economica. Inoltre, distinguendosi per un maggior numero di classi superiori dirigenziali e di quadri d’impresa, Parigi possiede una stratificazione sociale dei quartieri nettamente più fine e differenziata rispetto a Milano. L’alta competizione scolare, gli spazi maggiormente gerarchizzati e un’attenzione al livello socioprofessionale dei propri vicini porta la metropoli francese ad avere una maggiore segregazione residenziale delle classi elevate. Parigi è caratterizzata, inoltre, da un processo di deindustrializzazione più avanzato e cominciato prima rispetto a Milano, che le ha permesso una maggiore flessibilità e frammentazione socioprofessionale dei suoi abitanti.
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