Qualche tempo fa, grazie ad un amico comune, ho avuto l’occasione di conoscere un imprenditore molto in gamba che sta lavorando intensamente per il cambio di paradigma dell’attuale sistema capitalistico in favore di modelli di profitto più sostenibili; per questo non potevo non intervistare Eric Ezechieli, cofondatore di Nativa, azienda dedicata all’innovazione per un impatto positivo sulle persone e sulla biosfera.
Nativa nel 2012 è stata la prima Benefit Corporation in Europa. Eric è anche cofondatore della B Corp Singularity University Italy, co-organizzatore del Singularity U Italy Summit 2017, Chairman the The Natural Step International.
I:“Eric, puoi raccontare ai nostri lettori il progetto Benefit Corporation, chi sei e perché hai intrapreso questo tipo di iniziativa?”
E: “A monte c’è la constatazione che oggi esiste un unico modello economico, quello Capitalistico. Questo modello ha un limite strutturale, perché ha un unico scopo: distribuire i dividendi agli azionisti. Quindi se analizziamo a fondo la ragione per cui esistono le aziende oggi sul pianeta, gli impatti sulle persone e sull’ambiente non rientrano tra gli obiettivi: sono un optional. Poi intervengono le leggi, ci sono delle regole. C’è una compliance da rispettare ma questa è assolutamente insufficiente per fare fronte alle grandi sfide del nostro tempo e ai problemi che in gran parte sono creati da questo stesso paradigma. Faccio un esempio: siccome il nostro modello economico attuale è alimentato per la maggior parte da energie da fonti fossili, dal punto di vista della compliance e del rispetto delle leggi non c’è nulla che non va. Quindi ci ritroviamo un inquinamento che causa 7 mln di morti premature all’anno dovuti alle emissioni. Buttiamo nell’atmosfera 40 miliardi di tonnellate all’anno di inquinanti con impatti ‘geologici’ sulla biosfera. Anche io che in questo momento sto guidando e produco delle emissioni che sono in regola rispetto ai limite di legge ma questi limiti sono totalmente insufficienti rispetto a quello che dovremmo fare. E’ assolutamente ovvio che una mobilità e un sistema industriale che inquina non va bene, non può essere la ‘cosa migliore’ che l’umanità può fare. Si può già oggi fare infinitamente meglio, abbiamo le tecnologie, la volontà e le risorse economiche ma scopo di massimizzare il valore per i soli azionisti limita drasticamente l’innovazione. Oggi 8 persone possiedono la ricchezza dei 3,5 miliardi di persone più povere del pianeta. La ricchezza si concentra sempre di più e sempre più velocemente anche a causa della spinta della tecnologia. In sintesi, il modello economico che adottiamo oggi ci porta inevitabilmente all’autodistruzione sia ambientale che sociale. Il capitalismo ha dei limiti strutturali, e l’anticapitalismo non propone nulla di convincente.
I: “E allora cosa possiamo fare? Che ruolo hanno le Benefit Corporation?”
Come mi disse una volta Alberto De Martini, Le ‘Benefit’ rappresentano una terza via, più intelligente ed evoluta, una ‘B’ tra la ‘A’ di ‘Anticapitalismo’ e la ‘C’ di ‘Capitalismo’. Intorno al 2005 ci sono stati degli imprenditori, soprattutto in USA e in Sud America, che hanno detto: “dobbiamo creare le condizioni per fare evolvere questo paradigma. Questo come lo facciamo? Lo facciamo in due modi. Uno: misurando il fatto che un’ azienda crei o distrugga valore per la società, valore sociale e valore ambientale, oltre che valore economico. Quanto al valore economico, puoi essere estremamente profittevole, ma se questo profitto deriva dall’aver causato danni o problemi senza aver considerato tutta una serie di impatti sociali e ambientali allora che te ne fai? Hai solo arricchito gli azionisti creando danno per tutti gli altri. In secondo luogo, dobbiamo creare un impianto legislativo che dia la possibilità nel tempo di perseguire un obiettivo che è diverso dalla massimizzazione degli utili perché di fatto oggi un azienda è obbligata a fare solo questo. A meno che sia una Benefit Corporation. Cosa fanno le benefit corporation? Da un lato misurano questa creazione o distruzione di valore: stabiliscono un limite che deve essere raggiunto per dimostrare che si sta creando più valore di quanto se ne distrugga e che quindi l’azienda dà un contributo netto al miglioramento del mondo. Dall’altra parte proteggono la loro missione e considerano non solo gli azionisti ma anche gli stakeholder nella propria attività quotidiana. Questo impegno viene scritto nello statuto, nell’oggetto sociale, quindi divento lo scopo per cui l’azienda esiste che si integra a quello della produzione di profitto. Siamo di fronte a una rivoluzione copernicana rispetto a tutti i modelli di business che si sono sviluppati negli ultimi 200 anni e soprattutto dal dopoguerra in poi.”
I: “Perchè hai deciso di occuparti di queste tematiche?”
E: “Non so se ho mai deciso in questo senso, mi ci sono ritrovato naturalmente. Mi occupo di questi temi perché ne ero incuriosito già quando avevo 13/14 anni, poi li ho studiati per conto mio e all’università. Ho avviato attività imprenditoriali che sono sempre state indirizzate alla sostenibilità e alla creazione di un impatto positivo. Tutto quello che faccio nella mia attività è legato a rendere possibili e accelerare questi processi di innovazione, cercando di ampliarne il più possibile la scala.”
I: “Che tipo di studi hai fatto Eric?”
E: “Mi sono laureato in economia aziendale, poi ho fatto un master sull’innovazione in California alla Stanford University. Poi vari approfondimenti: Capitalismo Naturale al Rocky Mountain Institute, Biomimicry allo Schumacher College, con Strategic Sustainability con The Natural Step. Dal 2010 sono stato alla Singularity University, massimo riferimento al mondo su come usare la tecnologia per creare impatti positivi. Mi è capitato di rilasciare delle interviste tra il 2008 e il 2009 in cui parlavo di Benefit Corporation senza sapere che esistesse già un modello codificato che promuoveva questo concetto. Nel 2012 abbiamo fondato Nativa che è stata la prima Benefit Corporation in Europa. Nel 2014 abbiamo iniziato a promuovere anche in Italia un iter giuridico che ha portato a fine 2015 all’introduzione della forma giuridica di Società Benefit. L’Italia è quindi diventata il primo Stato sovrano al mondo ad avere una forma giuridica di benefit corporation. È ormai diventato un modello di riferimento, ci sono circa 60 mila aziende che hanno misurato le proprie performance usando il protocollo di misura delle Benefit Corporation. Di queste 60 mila solo 2060 superano lo standard che fa si che un’ azienda crea più valore di quanto ne prenda. Questo non significa che gli uni siano buoni e gli altri cattivi. Vuol dire che il modello che ci sembra normale oggi in realtà ha dei limiti enormi ed è indispensabile farlo evolvere. Quello che fanno le B Corp è dimostrare in qualsiasi campo e in qualsiasi luogo che è possibile operare in maniera trasparente, responsabile, sostenibile verso tutti gli stakeholder in modo tale da generare nella società più valore di quanto se ne prenda. Questo concetto si sta diffondendo rapidamente. Oggi ci sono multinazionali che stanno evolvendo in questa direzione e vogliono arrivare ad avere un impatto sulla società positivo. Quotidianamente promuoviamo questo concetto che è un riferimento per tutti i progetti di innovazione che guidiamo.”
I: “Ad oggi in Italia quanti B Corp ci sono?”
E: “Certificate, che superano questi standard di performance, sono 50. Ci sono oltre 100 aziende che hanno assunto la forma giuridica di Società Benefit.”