di Matteo Perini

Schermata 2017-03-03 alle 18.43.20.pngUn pool selezionato di studenti del Politecnico di Milano ha recentemente stilato il documento sullo stato di salute di quartieri e periferie della capitale meneghina, partendo da uno studio nato come semplice ricerca universitaria e arrivato sul tavolo della Commissione Periferie, intitolato LABORATORIO DI PROGETTAZIONE URBANISTICA.

I campi valutati sono molteplici e spaziano dalla ricostruzione delle aree urbane e delle loro caratteristiche, fino ai quartieri in cui gli abitanti scrivono più tweet.

L’unione dei dati e delle valutazioni emerse ha prodotto una sorta di radiografia della città, grazie alla quale sono emersi i pregi e le criticità di ciascuna area analizzata. Lo studio è accompagnato da una serie di proposte a livello urbanistico per il recupero dei quartieri popolari (da sempre quelli più critici), e non è escluso che l’amministrazione comunale possa prendere in seria analisi alcuni di questi progetti.

L’analisi proposta è veramente ampia; proponiamo di seguito alcuni stralci di quello che ci è sembrato più interessante da proporre ai nostri lettori.

Tra le zone con concentrazione di reddito maggiore, oltre a tutta l’area del Duomo fino a piazza Castello e zona Magenta, spicca inoltre la zona Amendola/Fiera (la nuova CityLife) e una piccola area in Città Studi.

Le zone con maggior densità di verde, senza alcun dubbio, sono maggiormente concentrate a sud di Milano, mentre a nord della città troviamo le zone con il tasso più alto di enti e strutture religiose.

Analizzando gli aspetti più negativi e prendendo in analisi il numero dei crimini, nel biennio 2015/2016 emerge che il picco si è registrato con stupore nei quartieri relativamente più centrali. Ad esempio, le zone con il maggior tasso di omicidi avvenuti a seguito di rapine sono Lambrate e Cimiano; seguono a ruota Città Studi, Brera, Loreto e, ingrandendo la mappa, tutta l’area a nord-est di Milano. Per quanto riguarda i furti, il record si registra nei quartieri più facoltosi della città: Duomo, Pagano e Washington.

Sempre il Politecnico di Milano è promotore del progetto denominato Milano4You, il primo vero “smart district” d’Italia, assieme a multinazionali del calibro di Samsung, Ibm e British Telecom, tutte coordinate dall’operato della società di project management Red srl. La stipula della convenzione urbanistica sarà formalizzata entro l’estate 2017, con il successivo inizio lavori stimato per il mese di ottobre 2017. L’obiettivo è minimizzare i costi energetici (dal punto di vista sia economico sia ambientale) e di gestione degli immobili grazie a tecnologie all’avanguardia digitali e architettoniche, legate al vivere sostenibile, alla mobilità, all’ambiente, all’energia, ospitando circa 90.000 mq di nuove edificazioni (residenziale privato, ville, aree commerciali, una residenza anziani e un centro culturale).

Sarà abitato da almeno 10 mila persone e si estenderà su un’area di 306 mila metri quadri a nord-est di Segrate, tra cui 80 mila di verde. È qui che sorgerà il primo vero “smart district” d’Italia, progetto che nasce dalla presa di coscienza del fatto che prima di arrivare alla costruzione di intere “smart city” bisogna passare per gli “smart district”.

Questo passaggio è stato fondamentale per la nascita del progetto, in quanto si sta iniziando a comprendere che a volte prima di arrivare a pensare di ricostruire intere città bisogna studiare i dettagli e magari fare anche un passo indietro: in questo caso, iniziare dagli “smart dictrict” per verificare la sostenibilità economica e l’accettazione sociale di un’idea per poi replicare il tutto in intere città.

“Grazie agli “smart dictict”, si possono provare le tecnologie e attestare la competitività economica, la finanziabilità e l’accettazione sociale di un’idea. Solo se un progetto è sostenibile su piccola scala può essere replicabile in intere città”, ha commentato Mauro Annunziato, responsabile divisione Smart Energy di Enea.

Ormai gli stati europei più evoluti lo hanno capito bene, tanto da avviare un programma di finanziamenti, denominato Lighthouse (“città faro”), per lo sviluppo di questi “smart district”.

In Italia purtroppo le tipiche barriere allo sviluppo di soluzioni smart sono difficili da sormontare: il cittadino non viene coinvolto quindi c’è poca accettabilità sociale, le aziende non riescono a fare una filiera e continuano a ragionare come entità separate, i Comuni non guardano al futuro e continuano ad operare in maniera separata rispetto al Comune confinante.

Il risultato è che siamo colpevolmente indietro: abbiamo il “Milano4You”, è vero, per il quale però ci sono voluti anni di trattative prima dell’approvazione e ci vorranno anni prima che venga ultimato. Esistono altri progetti simili (nella filosofia, non nelle dimensioni) sparsi per la penisola, ma sono tutte esperienze dimostrative che al momento non arrivano ad avere livelli di investimenti rilevanti.

“L’Italia è un po’ indietro. Le aziende e i Comuni devono cambiare mentalità e bisogna trovare modelli sostenibili dal punto di vista economico, coinvolgendo prima di tutto i cittadini visto che alla fine sono loro che scelgono, e pagano, un nuovo servizio più intelligente”, commenta Annunziato.

Milano quindi guarda al futuro prendendo come esempio le città più “smart” del Vecchio Continente, con la speranza che l’Italia guardi Milano come esempio di sviluppo del proprio territorio.