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Intervista a cura di Ilaria Rega

aldonorsaOggi pubblichiamo l’intervista fatta ad Aldo Norsa, Professore ordinario di Tecnologia dell’Architettura all’Università Iuav di Venezia,  presidente della commissione di laurea del Clame (Corso triennale in Management del Progetto).

Già iscritto all’Ordine degli Architetti di Milano e collaboratore degli studi di architettura “Ponti-Fornaroli-Rosselli” e “Vito e Gustavo Latis” a Milano; “Paul Rudolph” a New York e del collettivo “The People’s Workshop” a Princeton.

Cosa la ha spinta a scegliere una carriera da ricercatore?

Non avendo mai pensato di aver talento per la progettazione (architettonica) mi sono dedicato alla ricerca, all’insegnamento, e alla divulgazione/promozione scientifico/culturale. Far comprendere anche a un pubblico poco informato, le problematiche dell’ambiente costruito e dell’intervento professionale a tutti i livelli è un impegno che permette di liberare il campo, nella discussione tra esperti e pubblico, da molte incomprensioni/pregiudizi. Con gli anni l’impegno nella divulgazione del progetto (nell’ottica della sequenza esigenze-requisiti-specifiche- prestazioni) è diventato preponderante con particolare attenzione ad alcuni temi quali quello della cultura tecnologica della progettazione e, dal punto di vista tipologico, della tematica dei “tall buildings”.

Case e città a impatto zero: è un miraggio o possiamo riuscirci, da dove dobbiamo iniziare?

Non certo nelle nostre città nelle quali il valore della conservazione del già costruito è ampiamente sentito. Non è un miraggio per le città di nuova fondazione; un esempio per tutti: Masdar City ad Abu Dhabi progettata da Norman Foster + Partners

Quali sono i parametri di cui un progettista deve tener conto per garantire una vita adeguata a chi vi abiterà, parlo di spazio, colori, altezza dei soffitti, luce, areazione, materiali utilizzati?

Una volta osservate tutte le norme (che, fortunatamente, a livello locale, tendono verso un regolamento edilizio nazionale, così favorendo la mobilità dei progettisti sul territorio nazionale) il problema è quello di combinare i vincoli, in primis di tipo economico, con gli esigenziali/prestazionali. Del tipo di quelli elencati (non certo esaustivamente). Quanto ai materiali utilizzati, ogni scelta di soluzioni innovativi deve tener conto delle esperienze effettivamente avute con rispettivo riscontro ex-post. Ricordando che nella progettazione l’attività di controllo deve svolgersi “ex-ante”, “durante” ed “ex-post”.

Quanta efficienza si può ottenere dalla riqualificazione di un immobile, ci può fare degli esempi?

La casistica è troppo ampia (sia nelle tipologie che nelle tecnologie) da permettere i confronti. Vi sono anche più esempi di riqualificazione di immobili in cui domina la funzionalizzazione senza che il bilancio energetico dell’immobile necessariamente migliori.

Cosa potrebbe fare il legislatore per rendere più agevole la transizione ad abitazioni a impatto zero?

Nell’ambito della redazione del citato regolamento edilizio nazionale (sostitutivo di quelli comunali) questa transizione dovrebbe avere un ruolo importante. Ma esiste questa sensibilità culturale? La disponibilità di risorse è tale da permettere questa transizione? Ricordiamoci le lentezze che continuano a caratterizzare analoghi sviluppi nell’edilizia scolastica (pur differentemente, con finanziamenti pubblici).